Martirano - la storia

Ultima modifica 26 agosto 2024

Le origini di Martirano sono spesso associate all’antica Mamertum, la leggendaria città Bruzia che sorgeva in zona montana, percorsa dal Fiume Savuto, conosciuto in età romana con il nome di Sabazio, alle pendici della Sila, meglio nota come Selva della pece, motivo per il quale era detta anche Mamerzio nel significato di altare di Marte, divinità che era il simbolo della guerra e delle dispute marziali.
I pareri degli studiosi sono comunque discordanti, per quanto attiene al collegamento con la mitica Mamertum che per molti è da ritrovarsi in Aspromonte, sulle alture montuose nei pressi di Oppido Mamertina e così la denominazione appare non solo più pertinente ma alquanto significativa.
In epoca romana, tra gli illustri personaggi che trattavano della storia e della geografia del mondo allora conosciuto, venivano citati Strabone che espressamente colloca Mamertum in Sila, dalle cui foreste si estraeva la pece, e altri quali Plinio Il Vecchio, Plutarco e Livio.
Muovendo spesso dalle notizie di storici del passato più remoto, altri studiosi del secondo millennio appena trascorso, confrontarono le proprie ricerche a quelle sostenute in passato, tra questi Gabriele Barrio nel 1571, affermava la medesima tesi, cioè che Mamertum è Martirano, tesi avvalorata dalle citazioni di Plutarco e asseriva che i suoi abitanti, chiamati Mamertini, diedero prova di grande valore militare, alleandosi con i Romani, nella guerra contro Pirro, a sua volta richiamato in Italia dalla sua alleanza con Taranto.
Nei secoli successivi, altri sostennero la medesima appartenenza di Martirano con Mamertum, però alcuni, pur se in stretta minoranza affermarono il contrario, sostenendo che furono in molti ad essere tratti in inganno dall’errore commesso da Strabone che aveva confuso la Sila con l’Aspromonte, dove in effetti, anche scoperte recenti, a seguito di campagne di scavi, sosterrebbero il contrario, come ebbero ad affermarlo lo studioso Danzica Filippo Chiverio, Leandro Alberti, monaco bolognese e Rocco Liberti, tutti assertori dell’ubicazione di Mamertum in territorio montano del Comune di Oppido Mamertina.
Episodi eroici dei combattenti abitanti di Martirano sono ricordati durante la battaglia contro Pirro che marciava alla conquista di Roma, al quale opposero una memorabile resistenza nella battaglia avvenuta nei pressi di Decollatura, nel suo avanzare, con al seguito gli elefanti, nel tragitto e nel territorio tra Nicastro e Martirano.
Alla definitiva sconfitta di Pirro, re dell’Epiro, i Romani formarono la federazione italica alla quale le città meridionali aderirono, mantenendo la loro autonomia legislativa, a condizioni che e con l’obbligo di provvedere al loro sostentamento, in ognuna di esse stazionassero postazioni militari, in un complessivo progetto di unificazione dell’intera penisola italiana che veniva rafforzato dal programma di collegamento tramite una rete viaria molto estesa, diffusa e capillare, le cosiddette vie consolari che partivano da Roma fino a raggiungere anche il più remoto angolo del regno di Roma.
Così fu anche per il Bruzio, come era allora denominata la Calabria, con la costruzione della Via Popilia, che nel 132 a.C. partendo da Capua, attraversava Cosenza, passando per Martirano, raggiungeva Reggio Calabria, lungo il Fiume Savuto, al cui attraversamento si provvide alla costruzione del ponte ad unica campata, in pietra, un’opera di alta ingegneria, ancora integro e perfettamente visibile che ricade nel Comune di Scigliano, fu detto di Annibale che lo attraversò nel 202 a.C. e che provvide ad alcune necessarie opere di ristrutturazione.
A sud di Martirano, oltre al passaggio della via romana, fu stabilita una stazione fluviale “Ad Sabatum Flumen”, importante incrocio commerciale e presidio militare che si rivelò in seguito strategico per il passaggio obbligato delle truppe saracene che nel X sec. minacciavano le zone interne della Calabria. Da qui la rete viaria conduceva la Fiume Amato “Statio ad Turres” da dove alla volta di Vibona, portava a Reggio Calabria.
Gli avvenimento storici, conseguenti alla fine dell’Impero Romano d’Occidente, vide l’Italia invasa da popolazioni barbare calate dal Nord-Europa che si insediarono formando il regno romano-barbaro, con il primo re Odoacre che si incoronò re d’Italia, sostituendo il legittimo erede, allora regnante, Romolo Augustolo.
La situazione, divenuta un po’ più stabile con il re dei Goti Teodorico, alla cui corte vi era, in qualità d Segretario personale del re, il ns. Cassiodoro, cambiò nel volgere di un breve arco di tempo. Nel 555 è l’età Bizantina a prevalere, con l’occupazione del territorio calabrese tra Rossano e da Amantea a Reggio Calabria, mentre i Longobardi nel 468 occuparono parte della Calabria, tra cui Martirano con i Gastaldati di Cosenza e Cassano, tra la valle del Crati e dal Fiume Lao al Savuto.
La Calabria Bizantina subì la radicale trasformazione della cultura latina in quella orientale, di contro la parte caduta in mano longobarda, tra cui Martirano, conservò il rito religioso e la loro civiltà latina, in un’alternarsi di lotte durate circa 500 anni.
Nell’anno Mille, all’arrivo dei Normanni, con in testa Guglielmo, figlio primogenito di Tancredi D’Altavilla, che nel 1044 si fermò nel Castello di Stridola, che era lungo la valle del Crati, si assiste al tentativo di unificare il Sud d’Italia.
A Guglielmo era successo il fratello Drogone che a sua volta, nel 1047, chiamò in aiuto Roberto il Guiscardo, dando inizio alla dominazione Normanno-Sveva che contribuì a recuperare la situazione economica e sociale dei territori calabresi, ma nel contempo alla trasformazione politica dell’ordinamento istituzionale in quello feudale, le cui tipiche espressioni furono la suddivisione del potere in quello dei marchesati, dei ducati e delle contee.
Con bolla papale di Stefano IX, il 24 marzo del 1058, Roberto il Guiscardo istituì la Diocesi di Martirano e durante la reggenza di Ruggero II fu costruito l’imponente castello-fortezza che dominava la valle del Savuto ed una lapide sul portale di accesso principale, riportava l’anno di edificazione del mese di aprile del 1113, nel tredicesimo anno di regno di Ruggero, divenendo un caposaldo del sistema difensivo normanno realizzato in quegli anni (l’originale di quella trascrizione era custodito nell’archivio cittadino, una copia era venuta in possesso della famiglia Berardelli, autenticata nel maggio del 1610 dal Notaio F. Spina). Accesa fu poi la disputa per l’eredità del regno alla morte di Ruggero II che sfociò in episodi di accanita lotta tra Costanza che era la zia del figlio legittimo di Ruggero: Guglielmo II Buono e Tancredi che era figlio illegittimo di Ruggero II.
Durante una sanguinosa battaglia alle porti di Martirano le truppe di Tancredi vennero sconfitte e la Contea di Martirano venne concessa a Enrico Kalà che era il luogotenente di Enrico VI e Hoenstaufen, marito di Costanza. A memoria di quell’episodio, per premiare la fedeltà degli abitanti di Martirano, l’accaduto venne ricordato con una lapide posta sulla facciata del castello che fu potenziato dalla costruzione di una torre nel 1197. Il kalà fu particolarmente generoso con la città di Martirano e tra il 1205 e il 1209, provvide, infatti, a costituire scuole pubbliche ed ospizi per i poveri, fu generoso con la Curia Vescovile, alla quale, tra i tanti privilegi concessi, donò il Vallone Cupo, nel Comune di Conflenti (così come risulta da copia del manoscritto di proprietà della famiglia Berardelli).
Nel 1226 anche l’erede di Enrico kalà, di nome Enrico, fece rifare la torre del castello, fortificandola con oggetti di rame, di cui un’iscrizione ne ricorda il fatto.
Durante le invasioni saracene, anche Martirano diede il suo contributo, divenendo centro di raccolta di armi e soldati e Federico II, per riconoscenza, potenziò il Castello con un’altra torre e nel 1243 veniva ricordato con la sistemazione di una targa marmorea sulla porta del Castello.
A Martirano morì nel 1242 il figlio primogenito di Federico, Arrigo che aveva ordito una congiura contro il padre. A ricordare il triste evento, il Vescovo di Martirano, Giacomo Maria Tarsia pose a ricordo un’epigrafe nella chiesetta di San Marco.
L’undici gennaio del1271, in territorio di Martirano, moriva la Regina Isabella d’Aragona,incinta di sei mesi, per una caduta da cavallo, mentre attraversava un affluente del Savuto, di ritorno dalle Crociate con il marito Filippo denominato l’Ardito, figlio del Re di Francia S. Luigi IX. Le spoglie mortali di Isabella furono in parte sepolte nel Duomo di Cosenza ed altre traslate in Francia nella Chiesa di S. Dionigi. L’Europa medievale, tramontava per sempre, con la morte di Corradino, ultimo erede delle dinastia Normanno-Sveva, giustiziato da Carlo D’Angiò il 29 ottobre del 1268. Sono i secoli delle aspre contese tra Angioini ed Aragonesi. Il Vescovo di Martirano, Roberto, schierato a favore della causa Angioina, fece parte della Commissione nominata da Carlo, figlio di Carlo I, per esercitare il controllo sulle norme varate alla convocazione del Parlamento, in data 30 maggio 1283. Quell’incarico, fruttò al Vescovo di Martirano, il Feudo di Castel di Pietro, in Montecorvino.
Il castello di Martirano, in epoca angioina, divenne una prigione, dove venivano rinchiusi i nemici del re. Carlo Lo Zoppo, nel 1329, arricchì di nuove opere il Castello, mentre nel 1402 Ladislao ne fece dono al cittadino di Martirano, Bernardo Scaglioni, Comandante supremo dell’esercito del re. Gli anni successivi, furono segnati da tempi difficili e privi di risorse economiche. Nel 1442 sale al trono Alfonso d’Aragona, al quale fa seguito Federico d’Aragona, fino all’occupazione francese del 1501, terminata con l’arrivo degli Spagnoli, alla testa di Consalvo de Cordova, che occupò Martirano, nel 1494, per affermare un duraturo periodo di permanenza fino al 1734. Nel 1496, Andrea De Gennaro, Capitano di Federico d’Aragona riceve dalle suore la Contea di Martirano, un vasto territorio che spaziava su tutta la valle del Savuto e comprendeva Conflenti, Motta S. Lucia e Altilia Grimaldi.
L’età feudale fu funesta per e condizioni di miseria in cui versava l’intera popolazione, per lo più composta da contadini e pastori, tiranneggiata da una folta schiera di seguaci del potente feudatario di turno. L’oppressione da parte dei potenti portò il popolo nel 1512 ad una forte ribellione che fu soffocata nel sangue con una feroce repressione, alla quale presero parte truppe per 400 unità, ordinate dal Vicerè di Napoli che fece arrestare i rivoltosi e mise a fuoco la città, era il 25 gennaio del 1515.
Dai De Gennaro (con i figli Giovanni e la figlia Eleonora di Gennaro) il feudo di Martiano venne ereditato da Cesare D’Aquino.
Nel 1450 furono nominati da Alfonso d’Aragona Conti di Castiglione e nel 1579 Cesare D’Aquino ereditò dalla madre la contea di Martirano, e nel 1582 chiese a Filippo II di ritornare in possesso anche di altre terre che erano state malgovernate da Giovanni Andrea di Gennaro.
Il Seicento fu funestato dal terremoto del 1638 e dalla peste del 1630. Nel sisma rovinoso di quegli anni trovò la morte, nel castello ddi Nicasto, Cesare D’Aquino, figlio di Carlo a cui successero le figlie Cornelia e Giovanna.
Nel Settecento si concluse la dinastia dei D’Aquino, Il feudo per differenti passaggi e varie successioni terminò con l’ultima feudataria Vincenzina Maria Pico e con le nuove leggi di eversione del feudalesimo, gran parte delle terre furono divise tra i Comuni ed il Demanio Regio.
Un altro sconvolgente terremoto del 1783, portò lutti e carestie, case demolite, conventi e cattedrali irrimediabilmente perduti. Nel 1784 vengono aboliti i conventi e istituita la Cassa Sacra che incamerava tutti i beni ecclesiastici. Nel 1743 fu di passaggio il libertino Giacomo Casanova, amico del Vescovo De Bernardis.
Alle soglie dei primi dell’Ottocento, scoppiano i moti rivoluzionari sostenuti dagli ideali repubblicani, contro il Regno di Napoli, retto da Ferdinando IV. A Martirano, venne ucciso dalla guerriglia sanfedista, capeggiata dal Cardinale Ruffo, Giulio Berardelli. Nel 1806 arrivarono i Francesi che rovesciarono il Regno di Napoli. In quell’anno, a Martirano, si registrò un violento saccheggio ad opera dei Francesi, al comando del Generale Verdier di Monteleone. Nel 1806 è abolito dai Francesi di Napoleone l’odiato sistema feudale.
Con la fucilazione a Pizzo di Gioacchino Murat, il 13 ottobre 1814, ritorna il Regno di Napoli con l‘odiato nemico il re Ferdinando IV.
A Martirano vene definitivamente tolta la Diocesi che passò a Nicastro con bolla di Papa Pio VII “De Utiliori” del 1818. Molte le proteste della popolazione per la perdita dell’antica Diocesi, che aveva visto nel suo passato la presenza di figure di Vescovi importanti, tra cui ricordiamo: Mons. Luca Cellesio, Mons. Mariano Pierbenedetti. Soltanto con una “recente” bolla pontifica del 18.09.1969, Papa Paolo VI ne ha ripristinato il titolo ed ora è Vescovo Titolare di Martirano Mons. Piero Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, stretto collaboratore di Papa Giovanni Paolo II.
I primi moti risorgimentali sono presenti in Calabria nel 1811. Compaiono le prime sette carbonare ed a Martirano, fu bollato come carbonaro il Decano del Capitolo D. Giuseppe Tosi. Garibaldi, intanto, sbarcò in Calabria il 20 agosto 1860 e Martirano partecipa alla spedizione dei Mille con 27 uomini, guidati dal Capitano Giuseppe Perri ed i sergenti Mendicino Benedetto e Lanzo Domenico.
Tramontava il Regno delle Due Sicilie con il plebiscito del 21 e 22 ottobre 1860. Martirano in quegli anni subisce una forte emigrazione da parte della popolazione che si imbarca per le Americhe a cercare nuova fortuna e migliori condizioni di vita.
Nel contempo, in quegli anni si accentua il fenomeno del brigantaggio e ad aggravare la già precaria situazione contribuì il terremoto del 1905, portando il paese alle condizioni più estreme. In quella triste circostanza, si recò in visita il Re Vittorio Emanuele III che a cavallo giunse da Nicastro a Martirano, attraverso la strada sterrata che collegava i due centri. Quel triste periodo venne inoltre funestato, per cause ragioni di interesse locale e di parte, da alcuni esponenti del luogo che vollero ricostruire la nuova Martirano, in altro luogo lontano, in cui fu trasferita la nuova municipalità, nel 1929, e Martirano divenne frazione del nascente Martirano Lombardo che venne così denominato per gli aiuti ricevuti nella ricostruzione da parte di un Comitato che era appositamente giunto dalla Lombardia.
Alla caduta del fascismo, a Martirano venne riconosciuto il diritto di essere Comune autonomo con Legge n. 1348 del 13/12/1956.


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